martedì 4 aprile 2017

Il governo occulto delle banche centrali: il caso del Giappone

I PRÌNCIPI DELLO YEN
Questo è un film sul potere occulto delle banche centrali. #DeepState


Le banche centrali hanno il potere di creare cambiamenti economici, politici e sociali. Ecco come lo fanno…

Pearl Harbor - 7 dicembre 1941.

Queuepolitely e Hushhushvideo presentano Un film basato su un libro del Professor Richard Werner.

Lunga vita all’esercito imperiale.

Regia di Michael Oswald. Trascrizione del video:

Le banche centrali e la trasformazione dell’economia.



Giuro fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d'America.

La bomba atomica.

L’occupazione americana.

Arriveremo a Yokohama alle 9.30, le priorità di sbarco sono quelle indicate nel programma.

Il generale Douglas MacArthur arrivò all’aerodromo navale di Atsugi, vicino a Yokohama, il 30 agosto del 1945.
Quando uscì dal suo aereo, si fermò sui primi gradini della scaletta, si mise una mano nella tasca
posteriore dei pantaloni, strinse la bocca che teneva la pipa di tutolo ed ispezionò le terre conquistate.

Questa scena fu ripetuta più volte e con angolazioni diverse così che tutti i fotografi potessero scattare delle buone foto.

La democrazia doveva essere inculcata nel popolo giapponese, come fosse la prima volta che ne sentivano parlare.

Il nostro problema sta nei cervelli all’interno delle teste giapponesi.

Questi cervelli, al pari dei nostri, possono fare cose buone, o cattive, il tutto dipende dalle idee che ci si mettono dentro.

Gli spettacoli Kabuki che rappresentavano samurai leali vennero aboliti o pesantemente censurati, così come lo furono libri e film sul bombardamento di Hiroshima e Nagasaki.

Vignette satiriche su MacArthur e allusioni alla censura degli occupanti, vennero severamente proibiti.

Questa commissione la riconosce colpevole e la condanna alla morte per impiccagione.

Yamashita ha ringraziato la commissione per la correttezza del processo.

Il generale Tojo, Primo Ministro all’epoca della guerra nel Pacifico, dichiarò nel corso del suo processo:
"Nessun giapponese avrebbe osato agire contro la volontà dell’Imperatore".
Il contraddittorio fu immediatamente terminato e una settimana più tardi Tojo doverosamente dichiarò che l’Imperatore aveva sempre apprezzata e voluta la pace.

Il generale Hideki Tojo ha ufficialmente assunto ogni responsabilità per lo svolgimento della guerra e ha fatto il possibile per scagionare il suo Imperatore.

In un intervento al Senato americano, MacArthur dichiarò che in termini di civilizzazione moderna i giapponesi erano come
ragazzini di 12 anni.

Avete curiosità per l’ignoto, il mistero, l’inspiegabile, ecco perché siete qui.

Alla fine della guerra il portafoglio prestiti delle banche era in pessimo stato.
Il patrimonio in possesso delle banche consisteva principalmente di titoli di guerra e prestiti dati ad industrie ormai distrutte. In pratica l’intero settore bancario era virtualmente in bancarotta.

Un problema facilmente risolto dalla Banca del Giappone, la quale comprò i debiti del settore bancario con riserva valutaria
creata per la circostanza, dando denaro per patrimoni, spesso, di nessun valore.

I primi due governatori post bellici della Banca Centrale furono nominati dagli occupanti americani.

Il primo governatore della Banca del Giappone del dopoguerra fu Eikichi Araki.

Ma immediatamente dopo la nomina fu accusato di crimini di guerra e si dovette dimettere.

Poi, nel 1951, a seguito di un’amnistia per sospetti criminali di guerra in incarichi pubblici, fu nominato ambasciatore presso gli Stati Uniti.

Nel 1954, al termine dell’incarico come ambasciatore, Araki fu nuovamente nominato governatore della Banca Centrale.

Dopo l’amnistia per criminali di guerra del 1951 molti dei burocrati dei tempi di guerra furono reintegrati nelle posizioni
che ricoprivano durante la guerra.

Tra questi c’erano uomini politici e la maggior parte dei burocrati del Ministero dell’Interno che presiedevano l’ufficio del controllo del pensiero, molti dei quali furono trasferiti al Ministero dell’Educazione.

"Il Giappone è la chiave del destino futuro dell’Estremo Oriente", per la seconda volta nel corso della storia moderna, queste parole hanno il significato di una pressante realtà.

Per evitare disordini nella popolazione contadina che fomentavano il comunismo in Cina, gli americani intrapresero la
ridistribuzione delle terre tolte ai grandi proprietari terrieri e date ai contadini.

L’élite capitalista giapponese, conosciuta come "Zaibatsu", fu epurata per il supporto dato alle attività di guerra e gli fu impedita ogni attività commerciale.

Le politiche fasciste degli anni ‘30 che i burocrati fascisti riformisti non poterono applicare durante la guerra, furono messe in pratica grazie agli occupanti americani, come la riforma terriera e la politica "Zaibatsu".

Si, è un connubio davvero curioso tra i fascisti giapponesi del tempo di guerra e gli americani del New Deal.

La politica dopo l'occupazione.
La Dieta, sede del Senato giapponese e della Camera dei Deputati.

In Giappone disordini provocati da studenti fanatici e gruppi di sinistra sono durati per giorni nel tentativo di bloccare il trattato di mutua difesa con l’America.

Nella stessa Dieta c'è stata una rissa provocata da deputati socialisti.

Per restaurare l’ordine, la polizia ha allontanato i socialisti.

Il presidente della Camera è stato portato sullo scranno per restaurare l’ordine nella seduta che ha approvato il trattato.

Nel 1957, Kishi Nobusuke, sospettato di crimini di guerra di primaria gravità, diventò Primo Ministro del Giappone.
Durante la guerra fu Ministro del Commercio e dell’Industria sotto il governo Tojo.
Le sue responsabilità comprendevano la produzione di munizioni e il lavoro forzato.
Mentre il Ministro hitleriano dell'Economia del tempo di guerra Albert Speer, stava nella prigione berlinese di Spandau, il suo omologo giapponese diventava Primo Ministro.
Nel dopoguerra Kishi diventò fervente difensore della democrazia, anche se prima e durante la guerra definiva se stesso come
un nazional-socialista. Con il denaro delle organizzazioni criminali, delle corporazioni industriali e i fondi illeciti della CIA, Kishi fondò il partito Liberal Democratico e lo rese una potente macchina politica.

In Giappone, molti tra i più eminenti leader economici e politici del dopoguerra, provenivano da un gruppo elitario di burocrati dei tempi di guerra. La stessa gente che aveva trascinato il Giappone in guerra.
Il partito Liberal Democratico rimase al potere per quasi 40 anni.

Un grande benvenuto in giapponese a questi soldati americani.

Dopo un periodo di servizio in Corea tornano alla loro base in Giappone, dove fino a poco fa vi erano stanziati come truppe di occupazione. Ma in che veste ritornano? Come vengono ricevuti dalla popolazione in questa terra occupata? Non come padroni, non come nemici, non come uomini che ispirano diffidenza, paura o rancore, ma come amici.

Il sistema economico durante la guerra.

Il Ministero delle Finanze aveva la sua sede nel distretto di Chiyoda, nel centro di Tokio. Da qui il Ministero controllava gran parte della vita economica giapponese. Il Ministero delle Finanze era molto potente e la Banca del Giappone doveva
rendere conto a quel ministero. I funzionari del Ministero delle Finanze ispiravano atteggiamenti di rispetto e riverenza. E gli ex burocrati del ministero ottennero posizioni influenti ai vertici di istituzioni pubbliche e private.
Ma c’era una sfera sulla quale il ministero non aveva completo controllo:
la quantità di denaro ("credito") creato e la sua assegnazione che veniva invece decisa dalla Banca Centrale giapponese, la Banca del Giappone. Al Ministero delle Finanze, al pubblico e ai giornalisti dissero: "Siamo noi a decidere la politica monetaria attraverso i tassi di interesse". Ma lasciarono che il Ministero delle Finanze decidesse la politica dei tassi di interesse. Cosa che però non fu messa in pratica tramite tassi di interesse, che è il costo del denaro, ma giocando sulla quantità di denaro.

Window Guidance: Una prassi con la quale una banca centrale impone la quantità di denaro creabile dalle singole banche e la sua assegnazione.

Funzionava così: si chiama "window guidance". La Banca del Giappone diceva semplicemente alle banche quanto denaro dovevano prestare nel trimestre a venire e a chi, a quale settore economico, doveva essere dato. É assegnazione del credito, controllo del credito. Ogni trimestre la Banca del Giappone dava istruzioni alle singole banche sull'entità dei prestiti e a quali settori industriali dovevano essere concessi. Tutti i prestiti venivano suddivisi in settori e sotto-settori, e i maggiori richiedenti un credito venivano elencati per nome. La Banca del Giappone poteva decidere quali progetti favorire e quali reprimere, imponendo a chi e per cosa le banche potevano concedere prestiti. Questo era il sistema economico del tempo di guerra adeguato alla produzione di beni di consumo.

I 95 milioni di giapponesi godono ora di un reddito nazionale secondo solo a quello degli Stati Uniti e alle nazioni più prospere dell'Europa occidentale. Il sistema non era ideale per i capitalisti, per gli azionisti. Ma creava grande ricchezza
per la popolazione, un reddito e una ricchezza uniformemente distribuiti, una crescita rapidissima, sia della qualità che del tenore di vita.
Solo nel 1959, l'espansione economica fu del 17%. Ma una conseguenza del sistema economico di guerra fu che interi settori industriali competessero non per i profitti, ma per le quote di mercato.
Le aziende concorrevano fino al fallimento per conquistare quote di mercato. Questo fenomeno era molto evidente e fu definito: "eccesso di competizione". La soluzione fu la formazione di cartelli, impliciti o espliciti.

Nel settore bancario la "window guidance" ebbe la funzione di meccanismo di controllo del cartello, perchè la Banca del
Giappone poteva imporre il numero e l'entità dei prestiti concessi dalle banche. Di conseguenza la classifica delle banche rimase immutata durante l'era post-bellica, eccetto in caso di fusione.
Secondo un banchiere:
"Se non fosse stato per queste direttive, la competizione ci avrebbe condotto al hara-kiri (suicidio)".

Economia di guerra e commercio internazionale.

Il disavanzo delle partite correnti statunitense è schizzato ai massimi livelli in 9 anni. La dimensione dell'aumento ha colto
di sorpresa molti economisti. Mentre i cartelli contenevano la competizione interna giapponese, non ponevano limiti alla concorrenza sui mercati internazionali. Le corporazioni giapponesi divennero velocemente dominanti in molti dei mercati mondiali.

Al Senato americano ci furono audizioni sul tema: "Produttività giapponese, una lezione per l'America".

Autorevoli teorie economiche sostenevano che solo il libero mercato può avere successo. Ma in pochi decenni il Giappone crebbe
fino a diventare la seconda maggiore economia mondiale senza affidarsi alla "mano invisibile" del libero mercato.

L'economia giapponese del dopoguerra era un'economia di azione bellica dove, dalle armi, la produzione era passata a beni di consumo.

"É auspicabile che la Banca del Giappone non attragga attenzione e rimanga silenziosa come la
foresta di un tempio rurale".
(Hisato Ichimada, Governatore della Banca del Giappone, 1946-1954)

Dal momento che la Banca del Giappone si diceva fautrice del libero mercato, le direttive sul credito erano fonte di imbarazzo.
I documenti ufficiali non ne facevano menzione o ne minimizzavano il ruolo definendo "volontario" il controllo del credito.

Ogniqualvolta il Ministero delle Finanze richiedeva informazioni sulla politica di assegnazione e creazione del credito della Banca del Giappone, i dipendenti della banca rispondevano con complesse dissertazioni infarcite di gergo tecnico per rendere il procedimento impenetrabile ai non addetti ai lavori.

[il golpe dei BOT e del debito pubblico]

Nel novembre del 1965, fu immesso sul mercato un primo lotto di buoni del tesoro giapponese. D'ora in poi, quando i politici volevano aumentare la spesa, non avrebbero esercitato pressioni sulla Banca del Giappone, ma piuttosto sul Ministero delle Finanze. Era il Ministero delle Finanze quindi ad essere responsabile della montagna di debito pubblico in costante crescita.

I banchieri centrali invocano le riforme.

Gli anni '80 furono un'epoca di deregolamentazioni finanziarie nel mondo industrializzato. La maggioranza dei paesi industrializzati abolirono le restrizioni sui movimenti di capitali.
In Giappone, Tadashi Sasaki, ex governatore della Banca del Giappone, invocò un piano quinquennale per la trasformazione e liberalizzazione dell'economia giapponese. Poi, nel 1986, il "Gruppo Consultivo per la Ristrutturazione Economica" diretto da Haruo Maekawa, ex governatore della Banca del Giappone, propose un piano decennale di riforma economica mirato a rendere la qualità della vita dei giapponesi più simile a quella vissuta in occidente.

Nella proposta si dichiarava che:
"É giunto il momento che il Giappone attui una trasformazione storica della propria politica tradizionale di gestione economica e dello stile di vita della nazione. Per il Giappone non può esserci ulteriore sviluppo senza questa trasformazione".

Il rapporto sembrava una lista redatta dai negoziatori commerciali statunitensi. Cominciava con la richiesta di riforme amministrative e di abolizione dei poteri burocratici. Lo scopo era di trasformare l'intero corpo politico, l'abolizione del sistema economico di guerra, e l'introduzione di un'economia di "libero mercato" in stile americano.

I membri del gruppo consultivo che espressero dissenso vennero sollevati dal loro incarico.

Gli articoli di stampa erano molto critici. Per gli osservatori era chiara la natura radicale del piano. Sembrava troppo ambizioso. Esigeva una rivoluzione completa di ogni settore del sistema economico, politico e sociale del Giappone.

Nonostante nel rapporto ci fossero richieste esplicite, c'era un imbarazzante silenzio sul come si dovessero raggiungere tali mete.

L'unico indizio, nascosto nel rapporto, era:

"Nell'attuazione di queste raccomandazioni, le politiche fiscale e monetaria
hanno un ruolo significativo".

La Banca del Giappone ha sempre dichiarato pubblicamente che il sistema giapponese dovesse essere smantellato, semplicemente e completamente smantellato e adottato un sistema di stile capitalistico statunitense. Se si è d'accordo con questo oppure
no è tutta un'altra questione.
La Banca del Giappone di sicuro crede che lo si debba rottamare.

La domanda da fare invece è: "come si fa a farlo?".

Il Ministero delle Finanze ha avuto il controllo legale per gran parte dell'era post-bellica.
C'erano strutture burocratiche consolidate, uomini politici, tutti i cartelli, ecc.

Quello era il vecchio sistema.

La storia ci insegna che un sistema può cambiare radicalmente solo se c'è una crisi.

La commissione propose di usare la politica monetaria per provocare una crisi storica, abbastanza grave da sradicare gli interessi acquisiti del Ministero delle Finanze, dei politici e delle aziende giapponesi.

Ogni sistema ha entità che ne traggono benefici e di conseguenza non desiderano cambiamenti.

Probabilmente non esiste una nazione al mondo che abbia cambiato il proprio sistema economico, politico e sociale in modo significativo senza una crisi.

É una crisi che convince i cittadini e i gruppi d'interesse della necessità di cambiamento.

Come si può raggiungere questo scopo?

Quando si vuole una crisi, il modo migliore per provocarla è creare una bolla, perchè questo è un metodo inarrestabile.

Come si crea una bolla.

La Banca del Giappone cominciò ad aumentare sensibilmente le quote di prestito.

L'aumento medio annuale di queste quote sfiorarono il 15% alla fine degli anni '80.

Un banchiere dichiarò:
"Nel pieno della bolla volevamo aumentare la quantità dei prestiti ma la Banca del Giappone voleva che ne dessimo ancora di più".

I giovani 20enni o 30enni con un basso reddito potevano comprare seconde e terze case.
Il boom del credito non provocò solo una bolla immobiliare, ma anche nel mercato azionario.

Tra il 1985 e il 1989, il prezzo delle azioni crebbe del 240%. e i prezzi dei terreni del 245%.

Alla fine degli anni '80, il valore dei giardini intorno al Palazzo Imperiale nel centro di Tokio era pari a quello dell'intero
stato della California.

Nonostante il Giappone sia solo un 26esimo della superficie degli Stati Uniti, il valore del suo territorio era di
4 volte quello degli Stati Uniti.

Il valore di mercato di uno solo dei 23 distretti di Tokio, il distretto centrale di Chiyoda, superava il valore dell'intero Canada.

Gli economisti, ai quali viene insegnato di basarsi sui risultati del mercato, cercarono di giustificare i prezzi così alti dei terreni. Per alcuni la causa era la scarsità di spazio.

Nuovi e splendenti quartier generali di aziende vennero eretti nell'elegante quartiere affaristico di Tokio.

Il mercato del lavoro si espanse così tanto che si diffusero reali timori di una seria scarsità di mano d'opera.

Le aziende invitavano gli studenti universitari dell'ultimo anno a fare viaggi costosi in località turistiche per allettarli ad essere assunti.

I politici e il Ministero delle Finanze gongolavano, gli introiti fiscali salivano. Le aziende gogolavano. La bolla faceva meraviglie. Ogni giorno era come una festa.
Noi ragazze venivamo invitate fuori ed era tutto pagato dai ragazzi e dai capi.
Nessuno prendeva il treno per tornare a casa, prendevamo sempre il taxi. Coi patrimoni e le azioni in crescita frenetica, nemmeno i produttori tradizionali seppero resistere alla tentazione di giocare in borsa. Ed espansero presto i propri uffici finanziari per gestire le speculazioni in azienda. I fondi di investimento speculativo di queste aziende, chiamati "Zai Tech",
erano soldi presi in prestito per poter speculare in immobili ed azioni.
La frenesia raggiunse proporzioni tali che molti tra i maggiori produttori come la casa automobilistica Nissan, guadagnò più attraverso investimenti speculativi che dalla produzione di macchine.

Vennero scritti letteralmente migliaia di articoli sul nuovo miracolo economico giapponese.

La spiegazione più frequente data dagli economisti era che la produttività, alta e in crescita, erano alla base dell'impressionante attività economica giapponese. Libri sulle tecniche manageriali dei giapponesi divennero successi editoriali internazionali. Gli uomini d'affari occidentali leggevano trattati del 17esimo secolo sulle strategie dei samurai.

In realtà, le prestazioni stellari giapponesi degli anni '80 avevano ben poco a che fare con tecniche manageriali.

Invece di venir usate per limitare e dirigere il credito, le direttive sul credito vennero usate per creare una bolla gigantesca.

Ho fatto ricerche, intervistato funzionari e banchieri della Banca del Giappone, li ho registrati su nastro. Dai quali si capisce che la Banca del Giappone continuò a dare direttive, fu la Banca del Giappone infatti che costrinse le banche ad
aumentare i prestiti così tanto. La Banca del Giappone sapeva che le banche potevano mantenere le quote di prestito solo espandendo il credito non produttivo.

Come affermato da un banchiere:
"Se non c'è richiesta di credito da parte di clienti a basso rischio e si vuole esaurire l'intera quota, il rischio deve aumentare".

Un altro banchiere dichiarò che:
"Un effetto collaterale della direttiva sull'ampliamento del credito fu che le banche aumentarono i prestiti anche in assenza di domanda".

La creazione di denaro e la bolla.

Come tutte le bolle, anche quella giapponese fu alimentata dalla rapida creazione di denaro da parte del sistema bancario.

Tra il 1986 e il 1989, Toshihiko Fukui dirigeva la divisione bancaria della Banca del Giappone, la divisione responsabile delle
direttive sulle quote di prestiti. Quando un giornalista chiese a Fukui: "I prestiti sono in forte espansione, non ha intenzione di chiudere i rubinetti dei prestiti bancari?"
Fukui rispose:
"Dal momento che la politica di allentamento monetario è in corso, un controllo quantitativo sui prestiti sarebbe una contraddizione intrinseca. E quindi non intendiamo attuare una stretta quantitativa. A causa di adeguamenti strutturali dell'economia, in atto da lungo tempo, gli sbilanci internazionali sono in fase di soluzione. La politica monetaria sostiene questa linea, pertanto è nostro impegno continuare la politica di allentamento monetario il più a lungo possibile. É quindi normale che i prestiti siano in espansione".

[la lotteria del credito]

Perchè le banche davano così tanto denaro ? Perchè erano spinte a farlo da precisi ordini della Banca del Giappone.
Normalmente, le banche scelgono i clienti tra un gran numero di richiedenti prestiti, negandoli ad una percentuale considerevole. Ma dal 1987 in poi, questo principio fu ribaltato. Erano le banche a cercare aggressivamente nuovi clienti. Abbondano aneddoti su come le banche offrivano prestiti a tassi stracciati, inseguendo clienti come dei venditori ambulanti.
Le banche incoraggiavano la gente a prendere prestiti.
Ad esempio, quando due novelli sposi volevano comprare una casa, le banche gli offrivano il doppio di quanto chiedevano.
Le banche esageravano sempre le stime sul valore dei terreni, così che il rapporto tra valore del terreno e prestito superava spesso il 300%.

Per la gente questo era un fenomeno strano, e popolarmente venne chiamato "il mare di soldi".

Solo gli economisti, analisti e tutti quelli che lavoravano nei mercati finanziari, o nel mercato immobiliare non erano così ingenui. Loro sorridevano di queste analisi semplicistice. I prezzi dei terreni salivano per motivi ben più complessi del "mare di soldi", dicevano.

La gente comune semplicemente non capiva le tortuosità della tecnologia finanziaria avanzata.

I flussi internazionali di capitali.

Quando un paese crea troppo denaro, parte di quel denaro se ne va all'estero sotto forma di investimenti.

Negli anni '80, i flussi di capitali giapponesi crebbero, da un flusso in ingresso di più di $2 miliardi nel 1980, ad un flusso in uscita di $132 miliardi nel 1986.

Merci, tra cui opere d'arte e oggetti di valore da tutto il mondo venivano comprati da acquirenti giapponesi.

Ci furono anche acquisizioni clamorose come il Rockefeller Centre, Columbia Pictures e il campo da golf di Pebble Beach.
Capitali giapponesi si assicurarono uno sbalorditivo 75% di buoni del tesoro statunitense messi all'asta nel 1986.
[la connivenza americana per lo sbocco dei suoi titoli, come poi avverrà con la Cina]

Ma per un paese non è semplice stampare denaro e darsi poi a spese pazze in giro per il mondo.

Il Giappone lo potè fare perchè "i mercati" (il cartello delle banche centrali) non svalutarono la sua valuta.

Il valore di ciascuna divisa è determinato da agenti di cambio. Se i tipici indicatori tenuti d'occhio dagli agenti di cambio
non comprendono l'eccesso di denaro creato nel paese in questione, allora creare grandi quantità di denaro e cambiarlo con valute estere può essere fatto.

Il Giappone aveva usato lo stesso trucco usato dagli Stati Uniti negli anni '50 e '60, quando le banche americane avevano creato un surplus di dollari. Le corporazioni americane usarono quel denaro per acquisire quelle europee. Mentre gli Stati Uniti avevano l'oro come garanzia del dollaro, la garanzia giapponese era un considerevole surplus commerciale.

Prestito non basato sul PIL: Un prestito non usato per la produzione di beni o servizi.

Un campanello d'allarme dell'accumulo di rischio sistemico nel settore bancario è il rapporto tra prestiti per transazioni non basate sul PIL e il totale dei prestiti.

Tale rapporto aumenta sensibilmente in quei paesi che verranno poi colpiti da una crisi bancaria.

Fu questo stesso processo che alimentò il boom dei mutui e i prezzi immobiliari negli Stati Uniti e nel Regno Unito negli anni '80 e 2000.

Lo stesso processo che dette vita anche agli anni ruggenti: negli anni '20, le banche americane prestavano con azioni a garanzia. Il principio è sempre lo stesso.

Quando una banca comprava azioni a occhi chiusi, creava nuovo denaro. Con afflusso di denaro nel mercato azionario, il prezzo delle azioni doveva aumentare. Ciascuna banca ritenne sicuro accettare una certa percentuale di valore delle azioni come garanzia, ma l'azione cumulativa di tutte le banche gonfiò l'intero mercato.

In Giappone il valore complessivo dei terreni privati crebbe da 14.2 trilioni di yen nel 1969 a 2000 trilioni nel 1989.

Nel 1989, alla sua prima conferenza stampa come governatore della Banca del Giappone, Yasushi Mieno dichiarò che:
"Dato che la precedente politica di allentamento monetario ha provocato un aumento del valore dei terreni, attueremo una restrizione dei prestiti immobiliari".

Si guardò intorno, considerò la bolla, i prezzi in aumento, il divario tra ricchi e poveri che si ingrandiva, fermiamo tutto.

Si chiamava Sig. Mieno e per la stampa era un eroe perchè lottò contro quella "stupida" politica monetaria.
Ma durante l'era della bolla era lui il vice governatore, ed era lui il responsabile della creazione della bolla.

Il crollo.

All'improvviso i prezzi dei terreni e delle merci smisero di crescere.
Nel solo 1990 il mercato azionario scese del 32%.
Poi nel luglio del 1991, cessarono le direttive sulle quote di prestito. Cosa che colse di sorpresa i funzionari della
Banca del Giappone incaricati delle direttive. I banchieri furono lasciati a se stessi. Protestarono di non saper più
come pianificare i prestiti. In passato, quando una filiale desiderava prestare più denaro, gli veniva risposto che la quota stabilita dalla direttiva era esaurita.

Ora non era più possibile aumentare i prestiti.

Quando le banche si resero conto che la maggioranza dei 99 trilioni di yen prestati forse non sarebbero rientrati, si impaurirono così tanto che smisero di prestare non solo a speculatori, ma limitarono prestiti a chiunque altro.

Si profila un Natale amaro per il Giappone [la strage degli innocenti]

lunedì il mercato azionario ha chiuso al suo minimo da oltre 2 anni. La scorsa settimana è crollata una delle maggiori industrie alimentari. É la nona volta quest'anno che un'azienda quotata in borsa cola a picco. Più di 5 milioni di giapponesi persero il lavoro senza riuscire a trovare un altro impiego. Il suicidio divenne la più frequente causa di morte per i maschi di età compresa tra i 20 e 44 anni. La stampa riportava casi di gente che si impiccava o che spariva.
Succedeva quasi quotidianamente.
Tra il 1990 e il 2003, fallirono 212.000 aziende.
Nello stesso periodo in borsa ci fu un calo dell'80%.
Il prezzo dei terreni nelle maggiori città crollò dell'84%.

Alcuni economisti sembrarono sollevati.

Il declino era la prova che il sistema economico giapponese non era poi così solido.

In quel frangente il governatore della Banca del Giappone Yasushi Mieno, dichiarò: "Grazie a questa recessione siamo tutti consapevoli della necessità di attuare cambiamenti in economia".

Il salvataggio fallito.

Il Ministero delle Finanze, credendo che i tassi di interesse fossero lo strumento giusto, fece pressioni sulla Banca del
Giappone perché li abbassasse, finché il tasso ufficiale avesse raggiunto lo 0.1%.

Molti economisti predissero un recupero dell'economia.

Eppure nonostante le affermazioni della stampa finanziaria e delle Banche Centrali che il taglio dei tassi sia di stimolo alla crescita mentre gli alti tassi di interesse la rallentino, non esistono, nella pratica, prove di questa relazione.

Uomini d'affari americani e giapponesi si sono riuniti, e da qui le aziende giapponesi chiedono un ribasso dello yen.

Solo il 6% degli esportatori giapponesi riesce a fare profitti con il dollaro a meno di 100 yen.

La richiesta è che la valuta americana salga oltre i 117 yen per andare in pareggio.

Il Ministero delle Finanze chiese alla Banca del Giappone di vendere grandi quantità di yen e comprare dollari americani, in modo da far scendere il tasso di cambio dello yen e rilanciare le esportazioni.

Sappiamo tutti bene che i due, il Ministero delle Finanze e la Banca del Giappone, non vanno proprio d'accordo.
Questo mese è successo di nuovo che la Banca del Giappone ha compensato il proprio intervento o meglio, l'intervento ordinato dal Ministero delle Finanze.

Il Ministero delle Finanze dice alla Banca del Giappone di acquistare qualcosa come 20 miliardi di buoni del tesoro americani. Ma la Banca del Giappone lo ha controbilanciato, il che significa che prende soldi dall'economia per finanziare tale acquisto. [invece che crearne ex novo]

Molti ricercatori sono d'accordo: l'intervento compensativo sul Forex non funziona. La Banca del Giappone sta compensando di nuovo, ecco perché non ha funzionato, ecco perché lo yen è rimasto forte.

Una banca centrale toglie denaro dall'economia vendendo le proprie attività.

Al contrario, immette denaro nell'economia comprando attività.

Quando le banche centrali comprano e vendono attività, incrementano o decrementano la quantità
di denaro circolante nell'economia.

I funzionari della Banca del Giappone ignorarono questa regola, e affermarono che:
"Questa trasformazione strutturale, o riforma può produrre spinte deflazionistiche nel breve periodo, ma favorirà un'economia molto più efficente dopo qualche tempo".

Secondo osservatori indipendenti, la domanda interna doveva essere sostenuta dalla spesa pubblica e di conseguenza la richiesta di prestiti sarebbe cresciuta.

Il governo seguì questa linea per un decennio, dilatando il debito pubblico fino a livelli storici.

Tra il 1992 e il 2002 furono varati 10 programmi di stimolazione per un totale di 146 trilioni di yen.

Il Prof. Werner è capo economista di Jardine Fleming Securities a Tokyo.

E a lui chiedo un'opinione sulla direzione presa dall'economia giapponese.

Buonasera Sig. Werner, grazie per essere qui.
Con la mano destra il governo spende, immettendo denaro nell'economia, ma la raccolta di capitali è stata fatta sul mercato titoli e quindi con la mano sinistra ha tolto la stessa quantità di denaro dall'economia. Non c'è stato incremento nel potere d'acquisto totale ecco perché la spesa pubblica non ha avuto alcun effetto.

Nel 2011 il debito pubblico giapponese raggiunse il 230% del PIL, Il più alto del mondo. Il Ministero delle Finanze era a corto di soluzioni. Gli osservatori incolparono il ministero per la recessione, e sostennero le voci che attribuivano la recessione al sistema economico giapponese.
Ma quanto sarebbe stato difficile conciliare il problema del debito nel
settore bancario e la deflazione?
A quanto pare non sarebbe poi così difficile.
Il sistema finanziario è un circolo vizioso, dove se non c'è crescita nei prestiti, non c'è crescita economica, dove se non c'è crescita economica, non c'è crescita nei prestiti.
Ma c'è una cosa che può interrompere questo circolo vizioso: la banca centrale.
In questo caso il ruolo di una banca centrale è di stampare denaro.

Il potere delle banche centrali.

Attualmente sono necessarie misure energiche. Ce ne sono alcune dolorose, ma ce ne sono anche indolori. La banca centrale potrebbe comprare i debiti per il loro valore nominale. Il Giappone avrebbe le banche più solide del mondo. Per salvare il settore bancario una banca centrale può comprare gli oneri passivi delle banche con denaro creato per l'occasione, dando loro il valore nominale di attività che spesso valgono decisamente meno.
Questo fece la Banca del Giappone dopo la guerra. In alternativa si può dare denaro alle banche
aiutandole a realizzare profitti consistenti. Un possibile metodo è che una banca centrale
monopolizzi un certo mercato, creando di fatto una mini-bolla in un quel mercato nel quale le banche investono pesantemente per ricavarne grossi profitti. Una tecnica relativamente frequente attuata dalle banche centrali per sostenere il sistema bancario interno.
In alternativa si possono individuare richiedenti di prestiti a rischio zero o varare correzioni contabili per ripianarne i bilanci.
Le autorità e la Banca del Giappone proposero, così come faranno le potenze occidentali quasi 2 decenni dopo, che il conto venisse pagato dai contribuenti. A marzo dell'anno scorso, forse si ricorda, il governo immise una grande quantità di denaro in 15 tra le maggiori istituzioni
finanziarie giapponesi.
Noi eravamo una di quelle.
Ci permise di cancellare dei debiti, e di rimpolpare la nostra base patrimoniale in modo da consentirci di dare nuovi prestiti.
Le imposte sono state spesso usate per ricapitalizzare le banche, anche se non ci sono prove che i contribuenti siano stati responsabili dei debiti delle banche.

Tali politiche possono quindi generare forti dilemmi morali.
La massa monetaria è determinata dall'aumento netto in creazione di denaro da parte di banche e banche centrali.
Se gli obblighi morali impongono che il settore bancario non venga salvato, una banca centrale può comunque evitare deflazione e recessione.
La banca centrale può infatti aumentare la massa monetaria.
Una banca centrale può incrementare la quantità di denaro circolante in economia in qualsiasi momento, senza limiti, semplicemente comprando attività dal settore privato e pagarle con credito appena creato.
La Banca del Giappone avrebbe potuto acquistare terreni e convertirli in parchi pubblici.
In questo caso è possibile risolvere tre problemi in un colpo solo. All'economia occorre
creazione di denaro, le banche vogliono sbarazzarsi dei debiti, e il settore immobiliare ha
bisogno di compravendite.
Quello che si può fare è che la banca centrale stampi denaro, compri terreni dalle banche, e li converta in parchi pubblici.
E si risolve anche un'altro problema, la qualità della vita dei giapponesi.
Anche se la Banca del Giappone vendesse poi questi terreni ad una frazione del loro costo, ne trarrebbe comunque profitto, perché per una banca centrale il costo di creare denaro è pressoché nullo. [La stessa cosa vale per le banche commerciali che creano denaro fuori bilancio]

Un altro modo per immettere denaro nell'economia è l'allentamento quantitativo.

Nonostante tutte queste opzioni, la Banca del Giappone rifiutò, durante tutto il periodo, di attuare
misure che avrebbero risolto la crisi.

Quando nel 1992-93 stavo alla Banca del Giappone come ricercatore ospite, ero convinto che quella recessione sarebbe peggiorata di molto. Non facevo che chiedere a chiunque della Banca del Giappone perché non stampate più denaro, era evidente che non ne stampassero abbastanza. Parlai con qualcuno che era piuttosto disponibile e mi disse:
"Richard, certo che avremmo potuto stampare più denaro, avremmo generato una ripresa, ma non sarebbe cambiato niente. La struttura economica del Giappone non sarebbe cambiata".

In quel periodo non volevo credere che la Banca del Giappone prolungasse volutamente la recessione per forzare cambiamenti strutturali.

Mi sembrava davvero fantascientifico.

[l’indipendenza criminale della banca centrale]

Il Ministro delle Finanze Masajuro Shiokawa si è rivolto alla Banca del Giappone chiedendone l'aiuto per fermare, o perlomeno rallentare, la deflazione. La Banca del Giappone resistette ad ogni appello del governo, del Ministro delle Finanze e del Primo Ministro, di creare denaro per stimolare l'economia e porre fine alla lunga recessione. In certe occasioni la Banca ridusse addirittura la quantità di denaro in circolazione, cosa che peggiorò la recessione.
Le ragioni date dalla Banca del Giappone avevano sempre lo stesso tono, e cioè che il problema era la struttura economica del Giappone. Personaggi della Banca dissero perfino
che un allentamento monetario "Poteva creare un danno" favorendo: "Un ulteriore ritardo nel
progresso delle riforme strutturali".

I governanti giapponesi del primo dopoguerra sapevano di dover gestire un'economia di guerra, ma scelsero di tacere per motivi politici. La propaganda della guerra fredda insisteva che il Giappone post-bellico aveva adottato lo stile politico ed economico americano. Riluttanti a dire la verità i governanti del primo dopoguerra si portarono la verità sull'origine del miracolo economico giapponese nella tomba.

Una generazione di burocrati e politici ha governato durante gli anni '80 e '90 senza capire né la vera natura, né le finalità dell'economia del loro paese.

Un'intera generazione di economisti giapponesi era stata mandata negli Stati Uniti per prendere un dottorato o specializzazione post-laurea in economia di stampo americano.

Siccome l'economia neoclassica assume che esiste un solo tipo di sistema economico e cioè: mercati liberi, senza restrizioni, dove azionisti e banche centrali regnano sovrani, molti economisti giapponesi ripeterono meccanicamente le teorie degli economisti americani.

Smantellare il Ministero delle Finanze.

USA e Giappone hanno concluso due giorni di colloqui sulle assicurazioni. La deregolamentazione
del settore primario è necessaria per superare gli interessi consolidati di grandi gruppi assicurativi vita e non-vita, e la burocrazia del Ministero delle Finanze.
È necessario raggiungere un accordo prima del 15 dicembre, dopo quella data gli Stati Uniti hanno minacciato sanzioni commerciali.
I principali analisti attendono la cartolarizzazione di beni immobiliari.

Ma questa mossa sarà sufficiente? Ne parliamo con Richard Werner.

La cartolarizzazione ha un significato se c'è deregolamentazione, e questa è già una risposta alla sua domanda.

Per la deregolamentazione si deve ridurre il potere del Ministero delle Finanze e ovviamente il Ministero oppone resistenza.

Negli anni'80, chi si presentava mostrando un biglietto da visita del prestigioso Ministero delle Finanze, suscitava atteggiamenti di riverenza e rispetto.

Ma a metà degli anni '90 la mentalità era cambiata.

Per molti osservatori non c'era più dubbio ormai che il Ministero delle Finanze fosse la causa della recessione.

Fuori delle porte dei Ministero ci furono frequenti dimostrazioni da parte di cittadini disgustati dall'operato dei burocrati.

All'inizio del 1998 e per la prima volta, i pubblici ministeri perquisirono il più potente ministero del Giappone.

Sia le banche che i loro controllori vennero ferocemente criticati per il loro operato.

Gli scandali misero in luce le relazioni confidenziali esistenti tra funzionari del Ministero
delle Finanze e banchieri.

Molti dipendenti di banca e perfino alcuni funzionari del ministero vennero arrestati e incarcerati.
Alcuni commisero suicidio. Con le parole del banchiere centrale Masaaki Shirakawa: "Non è semplice modificare un assetto istituzionale e promuovere riforme strutturali perché inevitabilmente si coinvolgono interessi acquisiti di tutte le parti economiche in gioco".
Mentre Yutaka Yamaguchi, un vice governatore della Banca del Giappone aveva detto che:
"La Banca del Giappone ha affrontato il problema che l'allentamento monetario avrebbe ridotto i rischi più immediati che, a sua volta, risulterebbe nel ritardo di attuazione di soluzioni importanti".

Dalla metà degli anni '90 in poi, il governo dette inizio all'abbattimento della struttura di potere del Ministero delle Finanze. Mentre la Banca del Giappone accrebbe notevolmente la propria influenza.

Lei ha scritto recentemente di "Non aver alcun dubbio che la Banca del Giappone si staccherà dal Ministero delle Finanze e diventerà indipendente, mettendosi in linea con altre banche centrali".
Perché ne è così sicuro?

Il Ministero delle Finanze, che ha sempre avuto il controllo, legalmente almeno, della Banca del Giappone, ha perso ogni credibilità.

Il Ministero delle Finanze è stato incolpato di essere il fautore della bolla, per la lunga recessione e per molti altri dei problemi recenti che ci sono stati in Giappone.

Mentre la Banca del Giappone è rimasta indenne dalle pubbliche critiche.

E ora usa questa posizione per dire che il Ministero ha commesso errori e vogliono essere indipendenti.

Molte grazie Richard.
E questo era Richard Werner capo economista di Jardine Fleming Securities a Tokyo.

Nel 1994, subito dopo il pensionamento come governatore della Banca del Giappone Mieno iniziò una serie di conferenze, parlando a varie associazioni e gruppi di interesse. Esercitò pressioni per cambiare le regole della Banca del Giappone. Con le sue argomentazioni insinuava che il Ministero delle Finanze aveva spinto la Banca del Giappone a fare scelte sbagliate. Per evitare il ripetersi di tale problema, la Banca del Giappone doveva avere piena indipendenza legale. Secondo Mieno, rendere indipendenti le banche centrali era lo specchio della saggezza umana forgiata dalla storia.
Nel 1998 la politica monetaria fu affidata alla Banca del Giappone, ormai indipendente. Secondo lei sia i politici che gli economisti dovrebbero esercitare maggiore pressione sulla Banca del Giappone per spingerla a creare più denaro.
Ma molti potrebbero obiettare che così si minerebbe l'indipendenza delle banche centrali.

Lei cosa ne pensa?

Direi che è vero.

Si tratta di interferenza nell'autonomia delle banche centrali, che è esattamente quello che si deve fare.

La trasformazione del sistema politico.

I numerosi scandali che seguirono il disastro della bolla trascinarono anche il sistema mono-partitico al potere dal 1955 del Partito Liberal Democratico. Nel vecchio sistema, la competizione tra politici non era sulle proposte politiche.
La politica era fatta dai burocrati, i politici si limitavano a rabbonire i collegi elettorali locali con progetti di lavori pubblici.
Nell'ottobre del 1997, per la prima volta nella storia post-bellica, tutte le iniziative politiche di stimolo dell'economia vennero proposte dai politici e non dai burocrati. Poi, all'inizio del 2001, un nuovo tipo di politico si affacciò sulla scena. I titoli di stato giapponesi hanno raggiunto un nuovo record su voci che danno per certo Junichiro Koizumi alla carica di Primo Ministro del Giappone.

Junichiro Koizumi divenne Primo Ministro.

Quanto a popolarità e scelte politiche viene spesso paragonato a Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Il suo messaggio era semplice: nessuna ripresa senza riforme strutturali.
Al vertice di Ginevra del luglio del 2001 dichiarò:
"Secondo alcuni la ripresa è possibile anche senza riforme, ma se l'economia riprende, verrà meno la volontà di riforme. Dopo le elezioni, quindi, continuerò il mio programma che non prevede
ripresa senza riforme strutturali".

Durante il 2001, il messaggio che non c'è crescita economica senza riforme strutturali venne trasmesso quasi ogni giorno dagli schermi TV della nazione. I paesi partecipanti al vertice del G7 stanno facendo pressioni sul Giappone perché attui riforme strutturali.

In Corea si sono verificati disordini, il governo ha deciso per lo scorporo di grandi conglomerati. Adesso la loro economia è in ripresa. Ora è il turno del Giappone di attuare riforme strutturali.
Adesso tutti credono che ci vogliono cambiamenti strutturali, si deve rottamare il capitalismo
in stile giapponese per avere una ripresa. Perché ? Le abbiamo provate un po' tutte, nessun risultato, quindi la colpa dev'essere del sistema economico stile giapponese. Meglio sbarazzarcene.

La trasformazione dell'economia.

Il sistema economico giapponese stava mutando in un'economia di mercato stile americano, il che implica che il centro dell'economia venga spostato dalle banche al mercato azionario. Per invogliare i correntisti a ritirare i soldi dalle banche e metterli nel rischioso mercato azionario, venne abolita, con un riforma, ogni garanzia sui depositi bancari e si concessero agevolazioni fiscali
sugli investimenti azionari. Con il diffondersi del capitalismo azionario stile USA crebbe notevolmente la disoccupazione, crebbero disuguaglianze di reddito e ricchezza, come crebbero suicidi ed episodi di criminalità violenta. Poi, nel 2002 la Banca del Giappone si adoperò attivamente per aggravare i bilanci delle banche costringendole a pignorare i beni di clienti inadempienti. Fino ad allora Hakuo Yanagisawa, Ministro per i Servizi Finanziari, si era opposto alle proposte suggerite dalla Banca del Giappone di dare alle banche i soldi degli introiti fiscali. Questo avrebbe, di fatto, nazionalizzato le banche e preso il loro controllo. Usando poi tale potere per esigere la restituzione di prestiti e scatenando il fallimento di molte grandi aziende.
Il sig. Yanagisawa fu convenientemente rimosso dal Primo Ministro e sostituito da Heizo Takenaka.
Takenaka sosteneva il piano della Banca del Giappone sui pignoramenti per gli insolventi. Il Ministro Takenaka tentava di attuare una politica che indebolisse i bilanci delle banche, con lo scopo di poterle nazionalizzare. Takenaka nominò una unità operativa che sovrintendesse le politiche bancarie. Due membri dell'unità erano ex dipendentii della Banca del Giappone.

Uno di loro, Takeshi Kimura, chiese subito l'attuazione di correzioni contabili che avrebbero depresso i bilanci delle banche e resa inevitabile la nazionalizzazione.

Takuro Morinaga, un noto economista di Tokio, obiettò che le proposte di Takenaka, indotte dalla Banca del Giappone, non avrebbero favorito soggetti nazionali, ma principalmente i fondi avvoltoio statunitensi specializzati nel rilevare aziende sull'orlo del fallimento. Questi fondi avvoltoio avevano incontrato difficoltà perché tra le oltre 200.000 aziende in crisi, poche, tra queste, che stuzzicavano l'appetito dei fondi avvoltoio, erano di fatto fallite.

Quando i piani di induzione al fallimento di Kimura e Fukui vennero resi noti il primo gestiva una compagnia privata di consulenza sulla cartolarizzazione di patrimoni in difficoltà. Mentre il secondo era consulente della banca d'affari Goldman Sachs con sede a Wall Street uno degli operatori di fondi avvoltoio più grandi del mondo. Il sig. Fukui, ed anche il suo maestro sig. Mieno e il suo maestro sig. Maekawa, come potete immaginare, sono alcuni dei Principi dello Yen di cui parlo nel mio libro. Negli anni '80 e '90, questi signori hanno dichiarato pubblicamente:
"Qual è lo scopo della politica monetaria? É quello di cambiare la struttura economica".
E come si raggiunge questo scopo? Si crea una crisi. Ed è esattamente ciò che hanno fatto...

Richard devo interromperla, abbiamo esaurito il tempo.

Lavoro per una delle grandi banche.
Mantenevo i rapporti con la Banca del Giappone.
Durante il periodo della bolla ogni tre mesi la Banca del Giappone ci diceva quanto denaro dovevamo prestare. Le direttive sul credito della Banca del Giappone erano un ordine. L'origine della bolla sta nelle direttive della Banca del Giappone che venivano date come ordini. La sezione responsabile delle direttive sulle quote di prestito della Banca del Giappone si chiamava "Sezione Bancaria". E chi era responsabile di quella sezione? L'uomo a capo della sezione bancaria interna alla BdG durante il periodo della bolla, dall'86 all'89, era Toshihiko Fukui.
Il sig. Fukui è l'attuale governatore della Banca del Giappone. É stato lui a creare la bolla.
Quando Fukui diventò governatore della Banca del Giappone, dichiarò:
"Mentre distruggo il modello di forte crescita, ne costruisco uno più consono alla nuova era".

Hanno raggiunto tutti i loro scopi. Se si guarda all'elenco degli obiettivi, sembrava una lista della spesa, era più o meno un piano ben organizzato che volevano attuare e sono riusciti a realizzarlo in pieno: smantellare il Ministero delle Finanze, svuotarlo, istituire un'agenzia di sorveglianza indipendente, ottenere l'indipendenza della stessa Banca del Giappone modificando le competenze legali di quella Banca e rendere possibili profondi cambiamenti strutturali nell'economia spostandone il centro dalla manifattura ai servizi, deregolamentare, liberalizzare, privatizzare l'intera economia.

Negli anni '20, l'economia giapponese somigliava per molti versi a quella odierna americana: competizione selvaggia, licenziamenti e assunzioni aggressive, guerre di acquisizione tra grandi corporazioni, scarsi controlli, grandi azionisti che pretendevano dividendi elevati, finanziamenti provenienti dai mercati e non dalle banche. Eppure per tutta l'era post-bellica l'economia giapponese era stata l'opposto: fortemente regolata, con cartelli che limitavano la competizione, finanziamenti gestiti dalle banche e partecipazioni incrociate che limitavano il potere degli azionisti.
Nessuna acquisizione ed un mercato del lavoro congelato con assunzioni a vita e salari basati sull'anzianità. La tesi sostenuta era che per uscire dalla recessione ed aumentare produttività il Giappone doveva passare dal capitalismo assistenziale al capitalismo azionario diffuso. Ma resta incomprensibile perché un paese con un costante ed importante saldo attivo della bilancia commerciale dovrebbe modificare il proprio sistema economico per diventare più competitivo.

La crisi nell'Asia sudorientale.

Quella giapponese non era l'unica economia robusta dell'Asia che negli anni '90 si trovò nella più profonda recessione dalla Grande Depressione. Nel 1997 le valute delle economie delle cosiddette tigri asiatiche non poterono mantenere un tasso fisso di cambio con il dollaro americano.
In un solo anno queste economie crollarono del 60 – 80%. La radici di questa crisi affondavano addirittura nel 1993. In quell'anno le economie delle tigri asiatiche Corea del Sud, Tailandia e Indonesia attuarono una politica aggressiva di deregolamentazione in conto capitale e istituirono servizi bancari internazionali che permetterono ai settori bancario e imprenditoriale di ottenere prestiti dall'estero. Era la prima volta dal dopoguerra, che si poteva accedere a questo tipo di prestiti. In realtà non c'era alcun bisogno che le economie delle tigri asiatiche ottenessero prestiti dall'estero. Tutto il denaro necessario per gli investimenti nazionali poteva essere creato internamente. Anzi, le pressioni per liberalizzare il flusso di capitali vennero dall'esterno. Già dall'inizio degli anni '90, il FMI, l'Organizzazione Mondiale del Commercio e il Tesoro statunitense avevano esercitato pressioni su questi paesi perché permettessero alle aziende di accedere a prestiti esteri.
Il pretesto era che l'economia neoclassica aveva provato che i liberi mercati e il libero movimento di capitali aumentavano la crescita economica. Una volta che i conti capitale furono deregolamentati le banche centrali iniziarono a dare incentivi irresistibili alle aziende nazionali perché richiedessero prestiti esteri, rendendo più onerosi i prestiti ottenuti in valuta nazionale di quelli in dollari americani.
I tassi di interesse locali, nazionali, erano più alti dei tassi in dollari americani, e il tasso di cambio era, di fatto, fisso. Fu il governo e la banca centrale che dissero: "Manterremo il tasso di cambio". Esattamente, le banche centrali di Tailandia ed altre nazioni sudorientali asiatiche si opposero al ritocco dei tassi di cambio e lanciarono il messaggio che avrebbero protetto i tassi di cambio.

Nelle dichiarazioni pubbliche, le banche centrali posero l'accento sul mantenimento dei tassi di cambio fissi con il dollaro americano. Chi prendeva un prestito, quindi, non doveva
preoccuparsi di pagare di più in valuta nazionale del prestito ottenuto in origine.
Quando stavo in Tailandia ero consulente esterno in missione per Asian Development Bank.
Andai dritto alla Banca di Tailandia e chiesi:
"Ci sono direttive informali sul credito?"
Furono sorpresi che io facessi quella domanda. Per le esperienze avute in Giappone pensavo
forse c'è qualcosa del genere anche qui. E mi dissero, fu un giovane dipendente che forse era ignaro delle politiche attuate, mi disse: "Sì, sì, abbiamo uno schema di pianificazione del credito".
Alle banche fu ordinato di aumentare il credito. Ma si ritrovarono di fronte ad una scarsa richiesta da parte di settori produttivi dell'economia, perché le aziende fruivano già di incentivi per prendere prestiti dall'estero. Dovettero quindi ricorrere a clienti ad alto rischio ai quali prestare denaro. Le importazioni diminuirono perché le banche centrali decisero di ancorare le loro valute al dollaro statunitense. Si ridusse anche la competitività, ma il saldo delle partite correnti restò invariato perché i prestiti ottenuti dall'estero figurano come esportazioni nella bilancia dei pagamenti. Quando gli speculatori cominciarono a vendere, il Baht tailandese, il Won coreano e la Rupia indonesiana, le rispettive banche centrali reagirono con futili tentativi di mantenere l'ancoraggio finché sperperarono quasi interamente le proprie riserve in valuta estera. I soggetti esteri che prestavano denaro ebbero ampio margine per ritirare i propri capitali ad un tasso di cambio sopravvalutato. Le banche centrali sapevano che se i rispettivi paesi esaurivano le riserve di valuta estera avrebbero dovuto chiedere l'intervento del FMI per evitare la bancarotta. E se il FMI fosse intervenuto, le banche centrali sapevano cosa avrebbe chiesto questa istituzione con sede a Washington. Perché nei tre decenni precedenti le richieste del FMI sono state sempre le stesse: le banche centrali dovevano diventare indipendenti.

Il 16 luglio
il Ministro delle Finanze tailandese prese un aereo per Tokio per chiedere al Giappone di salvarli. In quel periodo il Giappone disponeva di $213 miliardi in riserve estere, molto più delle riserve totali del FMI. I giapponesi erano disposti ad aiutare, ma Washington pose un veto. Qualsiasi soluzione per la crisi degli asiatici doveva venire da Washington. Tramite il FMI. Dopo 2 mesi di attacchi speculativi, il governo tailandese ha deciso la fluttuazione del Baht.

Il soccorso del FMI.

Il Fondo Monetario Internazionale ha promesso $120 miliardi alle economie sotto attacco di Tailandia, Indonesia e Corea del Sud. Immediatamente dopo il loro arrivo nei paesi colpiti dalla in crisi, i rappresentanti del FMI si installarono presso le banche centrali e da lì dettarono ciò che altro non erano che i termini della resa. Il FMI impose una serie di richieste tra cui limiti alla banca centrale e alla creazione del credito, importanti riforme legali e un brusco aumento dei tassi di interesse. Con l'aumento dei tassi di interesse, i clienti ad alto rischio divennero insolventi. Oppressi da pesanti passivi, i sistemi bancari di Tailandia, Corea e Indonesia erano sull'orlo della bancarotta. Anche aziende tradizionalmente solide cominciarono ad accusare la stretta creditizia. Aumentarono i fallimenti. La disoccupazione raggiunse i livelli più alti dagli anni '30. Il ruolo del Fondo, nel venire in soccorso delle nazioni in crisi, è al centro di aspre polemiche. Qualcuno accusa il FMI di peggiorare la crisi delle economie asiatiche. Potrebbero sovvertire la nostra economia solo per dimostrare di aver ragione. Il FMI non è stato di grande aiuto. Il FMI conosceva bene le conseguenze delle sue politiche.
Nel caso della Corea, avevano anche uno studio dettagliato, ma tenuto riservato, che prevedeva quante aziende coreane sarebbero fallite se il tasso di interesse fosse salito di 5 punti percentuali.
Nel primo accordo tra FMI e Corea si chiedeva un incremento di esattamente 5 punti percentuali dei tassi. Chiaramente le soluzioni del FMI non mirano alla ripresa delle economie asiatiche. Ma perseguono scopi ben diversi, e cioè profonde modifiche economiche, politiche e sociali in quei paesi. Gli accordi del FMI, infatti, impediscono ai paesi in questione Corea e Tailandia, ad esempio, di reflazionarsi. (ovvero, di creare il denaro necessario all’economia)

Interessante. Lei sta dicendo che stanno peggiorando la crisi e sta insinuando che il FMI ha degli scopi occulti.

[il riciclaggio del denaro bancario creato fuori bilancio]

Gli scopi del FMI non sono poi così segreti, perché chiaramente il FMI chiede che i paesi asiatici colpiti dalla crisi modifichino le leggi in modo che soggetti esteri possano comprarsi dalle banche agli immobili. E infatti, il sistema bancario può essere ricapitalizzato solo, secondo gli accordi proposti dal FMI, da capitali esteri. Che non è assolutamente necessario, perché le banche centrali di questi paesi, potrebbero stampare denaro per ricapitalizzare i propri sistemi bancari. Non c'è bisogno di denaro dall'estero per farlo. Lo scopo è chiaramente di aprire l'Asia agli interessi esteri. Il FMI pretese che le banche in difficoltà non venissero salvate, ma invece lasciate fallire e vendute a prezzi stracciati, spesso a grandi banche d'investimento americane.

Per la Tailandia, una soluzione è quella di vendere all'asta alcuni dei grandi patrimoni appartenenti a 56 società finanziarie. Secondo lei...ad alcuni dei proprietari di queste 56 società potrebbe essere permesso di ricomprare i propri beni?

In molti casi, il FMI emise lettere d'intento dove si diceva esplicitamente che le banche
venissero vendute ad investitori esteri. A questo proposito, lasciatemi ribadire che questi programmi di riforma sono la chiave, indiscutibile, per ristabilire la stabilità finanziaria. Per la prima volta la Corea del Sud ha chiuso 5 banche con lo scopo di rispettare le richieste del FMI. Il numero delle banche commerciali è diminuito, si è ridotto come risultato delle chiusure, fusioni ed acquisizioni. Si è verificato un ingresso di investitori strategici. E questo è un cambiamento notevole. In Asia, i salvataggi orchestrati dai governi per sostenere le istituzioni finanziarie in sofferenza furono impediti. Ma quando, un anno dopo, una crisi simile colpì l'America, le stesse istituzioni reagirono diversamente.

Il salvataggio di Long-Term Capital Management.

Il fondo speculativo con sede in Connecticut Long-Term Capital Management, che come clienti accettava solo investitori o istituzioni con un elevato patrimonio netto, aveva utilizzato i $5 miliardi del suo capitale clienti più di 25 volte, prendendo in prestito oltre $100 miliardi da banche in giro per il mondo. Quando le perdite minacciarono di danneggiare le banche prestatrici con il possibile rischio di una crisi bancaria sistemica che avrebbe compromesso il sistema finanziario e l'economia americana, la Federal Reserve elaborò un salvataggio di cartello facendo pressioni su Wall Street e su banche internazionali perchè fornissero fondi che avrebbero evitato il fallimento.
Sì, ha ragione, l'atteggiamento di Washington e New York è stato davvero piuttosto flessibile, perché subito dopo aver detto ai paesi asiatici: "Nessun salvataggio per istituzioni finanziarie", quando Long-Term Capital Management, un fondo di investimento di New York stava per fallire, fu organizzato un salvataggio in tutta fretta, in piena contraddizione con ciò che avevano disposto per gli asiatici. Però dissero che non venne usato denaro pubblico per LTCM. Eppure l'incontro si tenne curiosamente all'interno della Federal Reserve. Perché gli Stati Uniti pretendevano da altre nazioni, invocando il libero mercato, il rispetto delle stesse regole che non intendevano applicare all'interno dei propri confini? Gli esempi delle crisi giapponese e asiatiche fanno capire che le crisi possono essere manipolate per favorire la ridistribuzione delle proprietà economiche e attuare cambiamenti legali, strutturali e politici. Oggi eventi simili sono in corso nell'area dell'Eurozona.

La crisi del debito europeo.

I paesi appartenenti all'area dell'euro hanno rinunciato ad avere una propria valuta nazionale e ceduto questo potere alla Banca Centrale Europea. Con me qui in studio c'è Richard Werner professore all'università di Southampton. Richard è stato consulente della Banca del Giappone e del Ministero delle Finanze verso la fine dell'era della bolla, negli anni '90.
Che cosa consiglierebbe alla BCE per il vertice che si terrà domani?

Bene, dovrebbero concentrarsi sulla quantità di creazione del credito più che sui tassi di interesse. La BCE ha molto da imparare dagli errori del passato, perché credo che abbiano sottovalutato la questione della creazione del credito. In Spagna e Irlanda c'è stata un'espansione massiccia del credito durante la gestione della BCE. Lo hanno sottovalutato. I tassi di interesse sono gli stessi in tutta l'eurozona, mentre la quantità del credito è molto diversa. C'è un solo tasso di interesse per tutta l'eurozona, ma nel 2002 la BCE dispose che la Bundesbank riducesse la creazione del credito per una quantità senza precedenti nella sua storia e ordinò alla Banca Centrale Irlandese di stampare denaro a rotta di collo. Il risultato? Stesso tasso di interesse, stessa crescita? No. Recessione in Germania e boom in Irlanda.

Quale variabile ha avuto il ruolo maggiore? La creazione del credito.

Dal 2004, in piena gestione della BCE, il credito bancario in Irlanda, Grecia, Portogallo e Spagna aumentò di oltre il 20% all'anno, e i prezzi immobiliari schizzarono verso l'alto. Con la stretta del credito i prezzi degli immobili crollarono, i costruttori fallirono, e il sistema bancario di Irlanda, Portogallo, Spagna e Grecia divenne insolvente. La BCE avrebbe potuto evitare queste bolle
così come avrebbe potuto evitare le conseguenti crisi economiche e bancarie. Ma si rifiutò di farlo finché non vennero fatte importanti concessioni politiche quali il trasferimento del potere fiscale e la pianificazione degli stanziamenti da ciascuno degli stati sovrani all'Unione Europea. Sia in Spagna che in Grecia la disoccupazione giovanile crebbe di oltre il 50% costringendo molti giovani a cercare lavoro all'estero. I medici greci, la cui educazione è stata pagata dai contribuenti, ora lavorano in Germania. Le delibere del corpo decisionale della BCE sono segrete. Il solo tentativo di condizionare la BCE, attraverso un processo di dibattito democratico, ad esempio, è proibito dagli accordi del trattato di Maastricht.

La BCE è un'organizzazione internazionale che sta al di sopra e al di fuori di ogni giurisdizione di ciascun paese membro. Il personale dirigente ha un passaporto diplomatico e i documenti ed archivi della Banca Centrale Europea non possono essere ispezionati o sequestrati da nessuna polizia o pubblico ministero. Tra gli economisti la BCE ha la reputazione di una delle banche più potenti del mondo e delle meno trasparenti tra le banche centrali. Eppure l'ex presidente della BCE, Jean-Claude Trichet, risolse il problema dichiarando semplicemente che… non c'era un problema. "La BCE è tra le più trasparenti banche centrali del mondo ed ha contribuito a definire l'eccellenza delle pratiche bancarie in questo campo". Ha dichiarato.

Forum Economico Mondiale - Davos, Svizzera.

Mi chiamo Richard Werner e sono un economista. La mia domanda è per Monsieur Trichet, che per anni è stato membro dell'organismo di governo della BCE. La domanda è: Dove, nel trattato di Maastricht o nello statuto della BCE, viene detto che è responsabilità della BCE sostenere riforme strutturali o qualsiasi programma politico.

“Ho detto molto, molto chiaramente e abbiamo sempre chiaramente espresso di non avere nessuna responsabilità in questo ambito. Abbiamo una voce e, in questo campo ed in altri, diciamo cosa pensiamo. E forse se possiamo aiutare, spiegare al pubblico, dal nostro punto di vista che ci sarebbe maggior benessere, forse questo aiuterebbe l'Europa ad intraprendere, ad attuare, le riforme strutturali che sono molto importanti. E su questo tema c'è consenso.

La diagnosi, di nuovo, è… un consenso molto, molto ampio su questo... su questo punto. La Commissione Europea, una istituzione non eletta, il cui scopo è la costruzione degli Stati Uniti d'Europa con tutto ciò che implica uno stato unificato, ha un interesse ad indebolire i singoli governi e l'influenza dei parlamenti democratici d'Europa. Si è poi scoperto che il bisogno di indipendenza della banca centrale delineato nel trattato di Maastricht emerse da un singolo studio commissionato nientemeno che dalla stessa Commissione Europea. Pubblicato nel 1992 sotto il titolo "Una valuta unica per un’Europa unita", lo studio si proponeva di dimostrare che l'indipendenza della banca centrale è sinonimo di bassa inflazione. James Forder, docente ad Oxford, ha dimostrato che questo studio fu manipolato per ottenere il risultato voluto. La storia che ci raccontano le banche centrali non sta in piedi, ci sono prove invece che le banche centrali operano diversamente da come vorrebbero farci credere. In tutto il mondo le banche centrali hanno un notevole, eppure poco conosciuto potere. Spesso indipendenti, enigmatiche, non rispondono a nessuno, le banche centrali operano nell'ombra, eppure le loro decisioni ci riguardano tutti.

Le banche centrali, in quasi ogni nazione del mondo, e il FMI ha dato una grossa mano in questo senso, sono diventate totalmente indipendenti e, nella pratica, non rendono conto a nessuna istituzione democratica.
La responsabilità verso il parlamento di solito è minima e, in pratica, insignificante. Che si tratti della Banca del Giappone, la Federal Reserve, la Banca d'Inghilterra o la Banca Centrale Europea, gli esempi di inganno abbondano.
Negli Stati Uniti degli anni '20, le banche erano incoraggiate a creare denaro e a darlo a speculatori. La depressione che ne risultò convinse gli americani, così amanti della libertà, che un sistema federale decentralizzato senza un deciso controllo nazionale non poteva funzionare.
Negli anni '90, i giapponesi vennero persuasi che il loro sistema economico, che aveva assicurato una notevole prosperità ed uguaglianza, doveva essere sostituito da un sistema di “libero mercato”.

E mentre la trasformazione del Giappone non era ancora completata i banchieri centrali colpirono di nuovo, con un assalto guidato dal FMI alle economie delle tigri asiatiche. L'attuale crisi europea del debito è un altro esempio di inganno perpetrato dalla banca centrale. Per creare pubblico consenso sulla necessità di riforme strutturali, creando di proposito una recessione e prolungandola inutilmente, costituisce decisamente un abuso di potere.

I cittadini vogliono davvero essere manipolati in modo così costoso e disonesto?

Basato sul libro "Princes of the Yen" (I Principi dello Yen)
del Professor Richard Werner
Adattamento per lo schermo e Regia di Michael Oswald
English-Italian rendering by mp.palla@gmail.com

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